Refugizzare?

Il giorno 25 Novembre a Lari si terrà la seconda giornata di riflessione “Refugizzare” (partecipazione su invito).

Due ambiti di lavoro:

– la clinica etnopsichiatrica e i suoi vincoli col sistema. Alla ricerca di confronto teorico e tecnico con operatori su come muoversi nel campo della richiesta clinica che, se “finalmente” riconosce l’etnopsichiatria e la indica come approccio competente, per lo stesso motivo ne determina in modo stringente i limiti teorici e operativi.
– la definizione dei temi di apertura e approfondimento per l’anno prossimo. Per esempio: quale in-culturazione è possibile lavorando con persone, sopratutto giovani, che provengono da mondi distrutti e giungono qui come forme umane non con-chiuse, non pienamente “costruite” dai loro contesti di origine? Quali stratificazioni dell’umano incontriamo/incrociamo? In che misura lo specifico processo migratorio è determinante? Da che “NOI” partiamo? E di quali protezioni o purificazioni ci possiamo o dobbiamo dotare?

I risultati dell’incontro saranno poi pubblicati su questo sito.

La prima giornata di studi ORISS sul tema si era svolta a  Lari il 22 aprile 2017 con queste intenzioni:

Nella presente situazione di “costruzione dell’emergenza” in relazione alla migrazione, molti di noi si trovano chiamati a operare una serie di interventi (formativi, psicologici, antropologici, socio-assistenziali, medici ecc.). Questa mobilitazione porta con sé lo stesso carattere ambiguo della chiamata: da un lato, ci permette di mettere finalmente in opera una serie di competenze teoriche e pratiche costruite e affinate negli anni; dall’altro, non è mai chiaro se l’azione che compiamo sia fedele alla sua intenzione etica originaria (quella della “diplomazia fra mondi”) o se sia invece una rotella di un’enorme e schiacciante configurazione geopolitica. In queste circostanze, pensiamo sia utile riunirci in gruppo di lavoro per sottoporre il meccanismo dell’accoglienza a un’analisi analoga a quella che Michel Foucault e il suo gruppo di studio applicarono negli anni ’70 al carcere. Ipotizzando che l’accoglienza, nelle sue diverse declinazioni (SPRAR ecc.), sia in primo luogo un dispositivo antropopoietico chiamato a produrre umani di un certo tipo, si tratterà (1) di capire come esso si articola (studiandone le diverse articolazioni organizzative, legali e istituzionali); (2) che tipo di umani produca e a partire da quali presupposti; (3) quali sia i suoi veri mandati istituzionali; (4) quali le implicazioni etiche e le conseguenze metodologiche del ricorso routinario agli strumenti clinico-diagnostici, terapeutici, educativi ed antropologici in seno ai percorsi di accoglienza. È possibile infatti che l’accoglienza ai migranti stia funzionando, secondo diversi mandati e registri, che sottostanno al regime e ai fini per i quali sarebbe stata pensata e messa in opera: regime e fini pubblicamente non ammissibili e che, nella loro completa incoerenza coi fini espliciti e dichiarabili, producono un livello altissimo di malessere anche fra gli operatori. La giornata di studio si propone, per mezzo dell’analisi del sistema, di riflettere su ruoli, funzioni, possibilità e limiti di azione degli interventi che siamo chiamati, a diverso titolo, a mettere in atto.

 

Per informazioni e iscrizioni contattare:

Cristina Zavaroni – cristina.zavaroni@unito.it

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